L’ORGANIZZAZIONE DELL’AMBIENTE
Il pranzo a scuola costituisce indubbiamente una occasione formativa importante nel contesto della permanenza scolastica dello studente ed anche per questo merita una maggiore attenzione da parte di coloro che sono responsabili della sua organizzazione.
In questa ottica occorre superare il concetto di “ambiente mensa” come luogo di somministrazione e consumo dei pasti, dove l’utente bambino deve assumere solo un ruolo passivo e spersonalizzante. L’organizzazione degli spazi e degli arredi dello spazio mensa agisce in maniera determinante sulle altre variabili prese in esame: la gestione della mensa, l’atteggiamento degli insegnanti, la comunicazione verbale e non verbale.
LO SPAZIO MENSA
La convivialità e la possibilità di rilassarsi in uno spazio gradevole sono aspetti fondamentali ed imprescindibili quanto la qualità del pasto stesso.
Uno spazio molto ampio, caotico ed impersonale, condiviso da un numero eccessivo di persone (sala troppo grande con lunghi tavoli, frequentata da tutta la scuola), non solo porta a una rumorosità eccessiva, ma fa sì che il pranzo sia subito dai bambini e non vissuto come momento educativo vero e proprio; ciò a svantaggio sia di una corretta alimentazione che di positivi rapporti interpersonali.
Perché i bambini ritrovino una dimensione più naturale ed educativa, è necessario un ambiente più raccolto e condiviso da un numero più limitato di persone che collaborino alla gestione di questo momento, organizzandolo in modo efficiente e ordinato.
In questo modo non si verifica più l’aggregarsi di gruppi casuali, ma il ritrovarsi di una comunità organizzata, che condivide uno dei momenti più peculiari della vita scolastica.
Il modo di porsi dell’insegnante cambia anch’esso in relazione alle caratteristiche ambientali. Nella grande mensa è costretto a urlare e ad intervenire spesso perché i bambini tendono a spostarsi in continuazione per comunicare in uno spazio dispersivo. Nell’ambiente ristretto l’insegnante interviene meno, a voce più bassa e può controllare meglio se il cibo viene scartato, intervenendo tempestivamente.
Altro aspetto da considerare riguarda l’utilizzo degli spazi a disposizione: un luogo destinato esclusivamente alla mensa costituisce un ambiente inutilizzabile per gran parte della giornata scolastica perché, in ultima analisi, sottrae spazio a quell’attività didattica già compressa entro standard dimensionali modesti (sopratutto nella scuola elementare).
Può essere valido in generale il suggerimento di creare spazi per una o al massimo due classi, arredati con tavoli piccoli, da quattro/sei posti, di altezze e proporzioni adatte alle taglie dei fruitori, spostabili e componibili a seconda delle esigenze. Spazi troppo ampi vanno rimodulati con opere in muratura, alti divisori con fioriere, separazioni fissate al pavimento e al soffitto, che possono diventare elementi caratterizzanti e decorativi dello spazio. Arredi di questo tipo facilitano la comunicazione interpersonale che riduce il chiasso, aumenta la permanenza a tavola e migliora il modo di consumare il cibo e la quantità, favorisce la partecipazione attiva degli alunni alle attività di gestione del posto a tavola (apparecchiare, sparecchiare, pulire, ecc.), incoraggiandoli ad esprimere anche in questo la loro fantasia, realizzando decorazioni e segnaposti.
Per i livelli superiori (scuole secondarie, centri professionali) l’età degli allievi e la presumibile maggiore maturità suggeriscono che spazi di più ampie dimensioni siano ammissibili, a condizione che siano ben arredati, dispongano di tavoli medio/piccoli e siano perfettamente insonorizzati. In questi casi è anche auspicabile, oltre che vantaggioso, l’uso extrascolastico.
La scelta di uno dei due sistemi, grande spazio unitario o piccoli nuclei, è in gran parte legata alle abitudini e all’orientamento dell’amministrazione che realizza la scuola. Tuttavia è bene tener conto che la scelta ha conseguenze determinanti sull’attività educativa.
Comunque, anche la realizzazione di un locale mensa unico per tutta la scuola, preferibile in talune situazioni o talvolta inevitabile, deve rispondere alle esigenze formative indicate, consentendo la possibilità di procedere a diverse articolazioni dello spazio mediante elementi di partizione o di arredo mobili e facilmente manovrabili dal personale. I materiali devono essere tutti fono-assorbenti, con colori caldi e tonalità più o meno sature in funzione della luce presente.
LA PRESENTAZIONE DEL PIATTO
I requisiti sensoriali aggiunti ai requisiti di sicurezza igienica, hanno un ruolo non trascurabile nelle dinamiche di accettazione del pasto e di soddisfazione dell’utenza.
La tavola, intesa come modo di presentare i piatti durante il momento della ristorazione scolastica, sia in termini di requisiti del piatto che in termini di approccio del personale nella fase di somministrazione, è fondamentale per migliorare l’accettabilità del cibo che sta per essere servito: alimenti presentati con cura, in piatti non di plastica, lavati con sostanze che non lasciano odori residui, su tavole apparecchiate con tovaglie colorate e tovaglioli abbinati, invogliano di più ad assaggiare i cibi proposti. Per quanto sia innegabile la praticità delle stoviglie monouso, esse producono un’enorme mole di rifiuti e questo non è sicuramente educativo sul piano ambientale, inoltre, sono desuete nell’esperienza dei bambini e certo non ne promuovono l’autonomia e la responsabilità. Le stoviglie monouso dovranno quindi essere prese in considerazione solo dove risulta assolutamente impossibile un’alternativa.
Uno dei punti più critici della ristorazione scolastica è la grossa quantità di avanzi di cibo che giornalmente vengono prodotti nelle mensa. Oltre che uno spreco inaccettabile dal punto di vista etico, l’eccessiva presenza di scarti di regola corrisponde alla mancata sazietà dei bambini, alla non copertura dei fabbisogni in nutrienti e all’insoddisfazione generale di utenti, insegnanti, operatori, genitori.
Sarebbe utile programmare progetti di educazione alimentare nelle scuole per avvicinare i ragazzi ai cibi che più comunemente vengono scartati (laboratori di cucina, visite presso i centri cottura, ecc.) Sostanziali differenze nel diverso gradimento dei menù scolastici possono essere condizionate da questi fattori:
- fascia di età del bambino: nelle scuole dell’infanzia solitamente c’è una quasi totale accettazione delle pietanze proposte, sicuramente dovuta al maggior tempo dedicato da insegnanti e operatori al momento del pasto e alle minori “resistenze” da parte dei bambini;
- tipo di gestione: il pasto prodotto in loco risulta di regola più gradito di quello trasportato, che subisce inevitabili trasformazioni di tipo organolettico dal momento della produzione a quello del consumo effettivo;
- modalità di preparazione degli alimenti stessi: i cibi risultano più o meno graditi a seconda di come vengono cucinati e presentati;
- coinvolgimento attivo delle classi in progetti di educazione alimentare continuativi e inseriti nel programma didattico.
Una particolare attenzione dovrà essere posta da parte del personale addetto alle preparazioni alimentari per trovare soluzioni praticabili per far diventare più apprezzati anche gli alimenti “difficili” e ridurre conseguentemente la produzione di avanzi. Il pranzo dovrebbe rappresentare una sapiente combinazione tra la dietetica e la gastronomia proponendo, quindi, alimenti notoriamente non graditi con l’ausilio di ricette appetibili, nel rispetto dell’apporto calorico e nutrizionale, all’interno della giornata alimentare scolastica del bimbo.
Il controllo accurato e oggettivo della gradevolezza dei piatti proposti (non sempre correlata allo scarto) dovrebbe costituire obiettivo di interesse primario, da incentivare e promuovere.
Ecco alcuni suggerimenti utili per migliorare il gradimento anche dei pasti trasportati:
Primi piatti
- la qualità della pasta deve essere tale da mantenere un buon grado di cottura per tutto il periodo che intercorre dal momento della preparazione a quello della somministrazione. Si dovrebbero testare diverse qualità di pasta ed eventualmente prevedere cotture in momenti diversi a seconda dei percorsi che i pasti dovranno affrontare e dei tempi previsti per la somministrazione;
- cercare di utilizzare formati rigati che tengono di più la cottura;
- il rapporto per la giusta cottura dovrebbe essere: 1 litro d’acqua, 100 g di pasta, 10 g di sale;
- durante il trasporto dei pasti utilizzare sempre contenitori separati per la pasta ed il sugo;
- nel momento della somministrazione impiegare gli utensili adatti (ad es. schiumarola) affinchè la porzione di pasta nel piatto sia servita senza l’acqua formata dalla condensazione del vapore acqueo e il liquido di governo;
- è importante verificare che la cottura delle salse da condimento sia adeguata e che il grado di acidità non sia elevato
Contorni
- verdure crude: è consigliabile utilizzare verdure fresche che siano preparate il giorno stesso del consumo. Tuttavia, in caso di impiego di verdure di IV gamma, bisognerebbe valutarne il gradimento e chiederne la sostituzione in caso non siano gradite, ad es. perché fibrose, legnose, non tenere, troppo asciutte;
- verdure cotte: valutare la possibilità per alcune tipologie di abbatterne la temperatura subito dopo la cottura e veicolarle a freddo per diminuire la formazione di odori poco piacevoli nel momento della somministrazione e per garantire il mantenimento del giusto grado di cottura. Alcune verdure cotte, che solitamente vengono servite calde, potrebbero essere consumate fredde (es. cavolfiore, broccoli, fagiolini, spinaci). Flan o sformati di spinaci, bietola, zucca, zucchine, cavolfiore, possono essere eventualmente preparati con una besciamella leggera (preparata con farina, acqua e latte, senza burro).
Secondi piatti
- pesce: è consigliabile trasportarlo con il condimento a parte, specialmente se è a base di pomo – doro; si potrebbero sperimentare anche flan leggeri a base di pesce;
- legumi: è possibile prevedere anche preparazioni in polpette o sformati.
Frutta
- è auspicabile che vengano garantite derrate con livello di maturazione ottimale.